Essere genitori. Un mestiere difficile?

Si dice che essere genitori sia un mestiere molto difficile. Sicuramente essere mamme e papà mette alla prova: diventare genitori cambia completamente la vita, le giornate sono scandite dai ritmi e i bisogni dei propri bambini (soprattutto nelle loro primissime fasi di vita) e gli adulti sviluppano competenze che piano piano entrano a far parte della quotidianità, come la pazienza, l’organizzazione, l’empatia, ma soprattutto la capacità di educare.

Ma siamo sicuri che quello del genitore sia proprio un mestiere?

In realtà non esiste una “professionalizzazione alla genitorialità”, non esiste un manuale di istruzioni per come si diventa genitore e per come bisogna educare un bambino, non ci sono metodi da studiare. L’unico modo per imparare a fare i genitori è esserlo, prendendosi cura dei propri figli ogni giorno.

Si parla di “mestiere difficile” perché per quanto il genitore faccia il possibile per crescere i propri figli al meglio, non si può sostituire a loro, né pretendere che diventino esattamente come vorrebbe, e non può neppure spianare loro la strada affinché non incontrino ostacoli lungo il percorso di vita.

Essere genitori non è un mestiere attraverso il quale si possa ottenere un “risultato” prestabilito.

I bambini sono per loro natura fantasiosi, inventivi e giocosi, e sono sempre molto diversi dai loro genitori.

Come sostiene lo Psicoanalista Winnicott, i genitori devono preparare il terreno in cui i figli cresceranno, li devono curare e amare, sostenendo il loro “gesto spontaneo”, aiutandoli a riconoscere il proprio Sé. Quanto più i genitori saranno in grado di lasciarli sviluppare autonomamente, in un ambiente armonioso e ricco d’amore, tanto più facilmente ogni bambino potrà usare le proprie risorse per far fronte alle sfide che incontrerà lungo il cammino.

Cosa significa educare?

Educazione nel suo senso originario, rimanda al detto socratico “realizza te stesso realizzando l’altro”, il quale contiene dentro di sé l’idea di asimmetria e di reciprocità. Quasi sempre colui che educa (il genitore) viene educato anche dall’educando (figlio), crea e si crea, le sue azioni hanno un’intenzionalità chiara ma aperta. Quindi il genitore che educa si trova in una relazione di circolaritàverso il proprio bambino, relazione nella quale entrambi possono continuamente evolvere e conoscersi reciprocamente, in virtù degli scambi che avvengono continuamente tra loro.

Grazie a tale circolarità il genitore modula le proprie azioni in base alle risposte del bambino, e allo stesso tempo il bambino interiorizza regole, valori e la sicurezza di base che il genitore c’è e che si può esplorare il mondo.

L’educazione per sua natura non è “per o sulle” persone ma è “con”.

Obiettivo dell’educazione è quella di portare il bambino a una pienezza di vita che è prima di tutto fiducia in se stessi e negli altri, stima di se stesso e degli altri, percezione chiara della propria e altrui dignità, in poche parole: aiutare il bambino a sentirsi sicuro di sé in un rapporto di interdipendenza con il mondo esterno.

La psicologa Alison Gopnik, nel suo saggio “essere genitori non è un mestiere” descrive l’unicità della relazione con i bambini attraverso una bellissima metafora:

“Prendersi cura dei figli è come coltivare un giardino ed essere un genitore è come essere un giardiniere. Quando curiamo un giardino creiamo uno spazio protetto e ricco di nutrimento in grado di fare crescere le piante rigogliose. Occorre molto impegno e molta fatica, molto tempo passato a scavare nella terra e a sporcarsi le mani di letame. Non sempre però i progetti del giardiniere vanno secondo i suoi piani: alcuni fiori nascono prima del previsto, alcune rose invece di essere rampicanti si ostinano a rimanere ancorate al terreno, alcune piccole piante possono essere danneggiate dal brutto tempo o dal freddo.

Eppure la soddisfazione deriva dal fatto che nell’attività dell’orticoltura capita di ottenere dei risultati spettacolari anche quando il giardino sfugge al nostro controllo, quando la rosa bianca va inaspettatamente ad arrampicarsi sul tronco scuro del tasso.

Essere un buon genitore non trasforma i figli in adulti intelligenti, felici o di successo, però può contribuire a creare una nuova generazione che sia più robusta, adattabile e resiliente, maggiormente capace di gestire gli inevitabili e imprevedibili cambiamenti che dovrà affrontare in futuro.”

Milani P., 2016, Progetto genitori”, Erickson.
Gopnik A., 2017, Essere genitori non è un mestiere”, Bollati Boringhieri editore, Torino.